Una nuova visione per la Medicina: il ritorno all'arte della cura

5 maggio 2025

Perché la medicina ha bisogno di una nuova visione: il ritorno all'arte della cura


A cura del Dott. Giuseppe Rossella, Direttore Sanitario del Poliambulatorio IGEA


Viviamo in un’epoca in cui tutto viene parcellizzato, suddiviso, specializzato. Nell’industria, questa scelta è stata fatta per aumentare l’efficienza e semplificare la produzione. Si divide il processo produttivo in piccole fasi, ciascuna affidata a un operatore specializzato, in modo che ogni prodotto venga assemblato più rapidamente e con meno errori.


Questa logica di parcellizzazione è stata adottata anche in medicina. Ma è davvero possibile applicare un modello industriale al corpo umano?


Perché la medicina ha bisogno di una nuova visione: il ritorno all'arte della cura | Poliambulatorio IGEA Piacenza


La medicina moderna si è iperspecializzata. Ogni organo, ogni sistema corporeo, ogni funzione biologica è diventata dominio di uno specialista: cardiologi per il cuore, pneumologi per i polmoni, neurologi per il sistema nervoso, ortopedici per le ossa e così via.


Ma il corpo umano non è una macchina fatta di pezzi intercambiabili. Non siamo la somma delle nostre singole parti. Siamo un organismo complesso, integrato, dove ogni funzione dipende e interagisce con le altre. Spezzettare la medicina rischia di far perdere la visione d’insieme, quella visione che è fondamentale per curare davvero la persona e non solo il suo sintomo.


La lezione del mondo anglosassone: il lavoro di equipe


Nei Paesi anglosassoni, per fronteggiare le criticità della medicina iperspecialistica, si è fatto largo un nuovo approccio: quello dell'equipe multidisciplinare. Medici di diverse specializzazioni si incontrano, discutono insieme il caso clinico, confrontano le proprie competenze e uniscono i loro saperi per offrire al paziente un percorso di cura integrato e più efficace.


Questo modello non solo migliora la qualità della diagnosi e della terapia, ma riporta al centro la complessità della persona.


Ogni paziente è unico, e solo attraverso la collaborazione tra più specialisti è possibile considerare tutte le sfaccettature della sua condizione.


È un approccio che restituisce dignità alla medicina e che ridà al medico il ruolo di guida, capace di interpretare non solo un sintomo isolato, ma l'intera storia del paziente.


Dove abbiamo sbagliato: l'abbandono della semeiotica e dell'eziologia


Una delle radici profonde della crisi attuale della medicina è l’abbandono di discipline fondamentali come la semeiotica e l'eziologia.

  • La semeiotica è lo studio dei segni e dei sintomi delle malattie: insegna a osservare il paziente, a leggere il linguaggio del corpo, a cogliere anche i segnali più sottili.
  • L'eziologia si occupa invece delle cause delle malattie: non si limita a trattare i sintomi, ma cerca di capire l'origine del problema.


Oggi, troppo spesso, ci si affida alle indagini strumentali – radiografie, TAC, risonanze, esami del sangue – trascurando l'arte della visita medica, l'ascolto, l'osservazione, l'intuito clinico.


Eppure, una macchina, per quanto sofisticata, non potrà mai sostituire la sensibilità e l’esperienza di un medico capace di cogliere l'insieme.


Ritornare a studiare e a praticare la semeiotica e l'eziologia significa ritornare a una medicina più umana, più profonda, più vera.


Perché serve una nuova forma mentis


Non si tratta solo di aggiornare i programmi universitari. Serve un vero cambiamento culturale.

Il medico del futuro dovrà essere sì specialista, ma anche capace di pensiero olistico. Dovrà sapere integrare conoscenze diverse, guardare il paziente nella sua interezza fisica, emotiva, psicologica, sociale.


Affrontare i problemi sanitari nella loro complessità significa rifiutare soluzioni semplicistiche, diagnosi affrettate, terapie standardizzate.


Significa accettare che ogni paziente è un universo a sé e richiede un approccio personalizzato, empatico, multidimensionale.


Le conseguenze dell'attuale sistema: disaffezione e rischio malpractice


L'incapacità della medicina ufficiale di offrire risposte globali ai bisogni di salute dei pazienti ha prodotto effetti preoccupanti:

  • Cresce la disaffezione dei cittadini verso la medicina tradizionale.
  • Si diffondono pratiche alternative prive di basi scientifiche: guru, santoni, maghi, ciarlatani di ogni tipo.
  • Le persone disperate si affidano a rimedi improbabili, spesso dannosi, perché sentono che la medicina convenzionale non li ascolta davvero.


Allo stesso tempo, l'abuso di diagnostica strumentale e l'assenza di una visione clinica complessiva favoriscono:

  • l'aumento della malpractice medica (errori diagnostici e terapeutici),
  • un'esplosione di cause legali contro medici e strutture sanitarie,
  • la perdita di fiducia tra medico e paziente,
  • il degrado della dignità professionale del medico.


In questo scenario, paradossalmente, perfino la intelligenza artificiale (IA), con i suoi algoritmi e le sue diagnosi automatizzate, rischia di sostituire la figura del medico umano.


Ma davvero vogliamo affidarci a una macchina per essere curati?


Come possiamo cambiare rotta


Cambiare rotta è possibile. Ecco alcune azioni concrete che possiamo e dobbiamo intraprendere:


1. Rivalutare la visita medica tradizionale

Dare di nuovo valore alla visita clinica, al colloquio con il paziente, all'osservazione diretta. Non si può diagnosticare solo sulla base di referti e immagini. Il contatto umano resta insostituibile.


2. Promuovere il lavoro di equipe

Favorire il confronto tra specialisti, creare percorsi condivisi, abbattere i confini rigidi tra discipline. Nessun medico, da solo, può avere tutte le risposte.


3. Formare medici con una visione globale

Nei corsi di laurea e nelle scuole di specializzazione, occorre insegnare non solo nozioni tecniche, ma anche capacità di ragionamento clinico, empatia, gestione della complessità.


4. Educare i pazienti

Anche i cittadini devono essere aiutati a capire che la salute non si cura a compartimenti stagni. Occorre diffondere una cultura della prevenzione, della cura integrata, della partecipazione attiva.


5. Integrare tecnologia e umanità

La tecnologia è una risorsa straordinaria, ma va utilizzata come strumento, non come sostituto del medico. L’intelligenza artificiale deve supportare, non rimpiazzare, la sensibilità clinica.


Un appello per una medicina migliore


Questa riflessione non vuole essere una critica sterile, ma un appello appassionato a recuperare il senso più autentico della professione medica: curare la persona nella sua totalità.


Oggi più che mai, di fronte alle sfide della medicina moderna, abbiamo bisogno di medici che sappiano unire rigore scientifico e umanità, competenza specialistica e visione globale, tecnologia e cuore.


Solo così potremo restituire ai pazienti fiducia, sicurezza e speranza.



Solo così potremo tornare a esercitare l'arte della cura, nella sua forma più alta e nobile.


Dott. Giuseppe Rossella Ematologo Internista Poliambulatorio IGEA Piacenza

Dott. Giuseppe Rossella

Ematologo e Internista Poliambulatorio IGEA Piacenza

Gastroenterologia Poliambulatorio IGEA Piacenza

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